19760928 - 28 settembre

Discorso Divino di Bhagavân Shrî Sathya Sai Baba

Riducete i desideri per annullare la mente

L’uomo può sapere a memoria tutti i Veda e le Scienze vediche;
può comporre belle poesie e scrivere prosa;
ma se la coscienza non è pura, andrà in rovina.
Cosa posso spiegare più di questo?
(Versi Telugu)

[1] Incarnazioni del Sacro Sé!
La purezza della coscienza è assolutamente indispensabile sia nel campo spirituale sia nelle attività secolari e nella vita quotidiana. Nell’arco della vita di un uomo, il tempo è preziosissimo; egli ha il dovere di santificare il tempo che gli è stato assegnato, invece spreca tre quarti dell’esistenza senza fare alcuno sforzo. È diventata un’abitudine sprecare il tempo, che è sacro e prezioso, mangiando e dormendo, chiacchierando oziosamente e agendo in modo improduttivo. L’uomo pensa una cosa, ne dice un’altra e alla fine fa qualcosa del tutto diverso. Non comprende che questa discrepanza tra pensiero, parola e azione è un grave errore e non fa neppure lo sforzo di capirlo, così perde la pace interiore e la gioia. Molte persone perdono la pace mentale e la felicità se ci sono divergenze di opinioni o conflitti tra i componenti della loro famiglia.
Similmente, quando un conflitto ribolle nella coscienza interiore, l’uomo perde Atmānanda, la Beatitudine del Sé; per di più, sta perdendo di vista anche il garbo e la cortesia con il risultato che il cuore perde la sua dolcezza, e la capacità di discernere si ottenebra di giorno in giorno. La vita diviene sempre più innaturale e meccanica, ed oggi l’uomo non è in grado di comprenderne lo scopo. Nonostante abbia ottenuto la sacra nascita umana, non fa alcuno sforzo per realizzare il Principio Atmico. Se non c’è la purezza della coscienza (Citta Shuddhi), i riti e le offerte o la lettura dei testi sacri sono solo una perdita di tempo.

[2] Il re dei demoni, Rāvana, conosceva a fondo i quattro Veda e le sei Scritture. Inoltre praticava intensamente la disciplina spirituale facendo penitenze e ripetendo costantemente il Nome di Dio. Nonostante avesse acquisito un grande potere spirituale, Rāvana si rovinò perché non aveva conseguito la purezza della coscienza.
Che si tratti di leggere un libro, passeggiare nella piazza del mercato o scrivere una lettera, la concentrazione della mente è sempre necessaria. Un carro non può muoversi da solo; per farlo muovere, bisogna mettere il giogo ai buoi e attaccarli al carro. Essi devono essere allenati a tirarlo e devono anche conoscere bene la strada da percorrere. Se usate buoi impreparati su strade che non conoscono, non riusciranno a portare il carro a destinazione, anzi, potrebbero determinare un incidente. Il nostro Organo Interno (Antahkarana) può essere paragonato al carro, la mente e l’intelletto ai due buoi. Solo se i due animali sono addestrati a seguire Satya (Verità), Dharma (Rettitudine), Shānti (Pace) e Prema (Amore), il carro della nostra coscienza interiore potrà raggiungere la sua destinazione con sicurezza. Poiché oggi la mente e l’intelletto vengono educati soltanto nelle questioni secolari, perdiamo la preziosa opportunità di percorrere la via che conduce alla liberazione.

[3] Quando i raggi del sole colpiscono direttamente un oggetto attraverso una lente d’ingrandimento, sono in grado d’incendiarlo, e questo potere è presente in ogni raggio solare. Similmente, se i raggi del Sé si concentrano direttamente sullo specchio della mente, possono bruciare qualsiasi tipo d’illusione. Questo potere divino è immanente in ogni essere umano. Alcuni ne sono consapevoli, mentre altri non lo sono. Sfortunatamente l’uomo, che è onnipotente ed onnisciente e la cui natura è divina, si considera debole, ignorante ed ottuso e spreca la sua preziosa vita.
Ecco un piccolo esempio. In casa possiamo far scorta di provviste, ma se non sappiamo cucinare, tutto andrà a male. Allo stesso modo, nel nostro essere interiore sono presenti tutte le facoltà ma, poiché non sappiamo usarle, brancoliamo nell’oscurità dell’ignoranza.

[4] Nell’essere umano ci sono due tipi di desideri: propizi ed infausti; tra quelli infausti, i principali sono i desideri mondani, i desideri riferiti alle sacre Scritture ed i desideri corporei. I primi consistono nel bramare reputazione, fama, una posizione autorevole, potere, onore e prestigio nella società. Una persona con questi desideri non realizzerà la sua innata Divinità né il suo potere divino, ma cercherà felicità secolare, potere e una condizione sociale elevata attraverso cui ottenere notorietà e fama.
I desideri riferiti alle sacre Scritture consistono nel voler acquisire la conoscenza libresca per guadagnarsi la fama di uomo sapiente. Una persona così, per la sua bramosia di ottenere onori e prestigio, spreca le sue energie in attività improduttive e non coglie lo scopo della vita; è priva di conoscenza pratica, fondata cioè sulla propria esperienza, e si abbandona al semplice sfoggio e all’esibizionismo. Incapace di comprendere che l’essenza di tutte le Scritture è ottenere la purezza della coscienza, cercherà di mettere in mostra la sua conoscenza teorica di varie discipline.
La terza categoria di desideri riguarda il corpo fisico. Chi ha questi desideri vorrà avere un corpo forte e bello e s’impegnerà per ottenerne il benessere sottoponendolo a vari esercizi; non comprenderà la verità che il corpo fisico, dopo tutto, non è altro che una bolla d’acqua che può scoppiare in ogni momento, che il corpo è come un fiore la cui bellezza avvizzirà con il sopraggiungere della sera e che il suo radioso splendore svanirà in un batter d’occhio. Come le nubi passeggere perdono la forma e i contorni, così i muscoli che l’uomo ha sviluppato con tanta tenacia perderanno la loro avvenenza giorno dopo giorno. Può forse durare per sempre la bellezza di un corpo fisico che per sua natura è temporaneo e transitorio? Possiamo quindi attribuire importanza e valore a un ego così vanaglorioso, a una conoscenza libresca priva di esperienza pratica, ad una bellezza fisica tanto effimera? Questi vani conseguimenti sviano la mente e la dirottano su una strada sbagliata inducendola a coltivare desideri sconvenienti.

L’essere umano durante l’infanzia è interessato solo a giocare con i suoi coetanei;
durante la giovinezza, sotto l’influsso di Cupido, vagabonda infatuato delle donne;
nella mezza età è invischiato in questioni secolari ed intento ad accumulare ricchezze;
nella vecchiaia ama soddisfare i suoi frivoli capricci, e non pensa a Dio neppure a quell’età avanzata.
Incapace di liberarsi delle cattive abitudini e di dedicarsi alla devozione, spreca la sua preziosa vita umana impantanato nell’acquitrino del karma.
(Versi Telugu)

[5] È segno d’ignoranza aspettarsi che l’effimero corpo umano duri per sempre. Di solito, i farmaci per combattere una malattia specifica sono disponibili in gran quantità in un paese in cui questa si sia diffusa. Poiché nel Kali Yuga il morbo universale del ciclo delle nascite e morti (Bhavaroga) è dilagante, anche il medicinale della grazia di Dio che serve a curarlo è disponibile in gran quantità. La mente è la causa di questo male, ed è anche la medicina per debellarlo: se la canalizzate nella giusta direzione, curerà la malattia; se invece la stessa mente segue percorsi perversi, il malanno si aggraverà.
I desideri sono la causa primaria del dilagare di Bhavaroga, mentre i desideri sacri ne sono la cura. Indubbiamente, entrambi sono desideri ma quelli sacri sono come semi tostati che non possono germinare, mentre i desideri secolari sono come semi che emettono sempre nuovi germogli.

[6] Di solito i capifamiglia hanno innumerevoli desideri, perciò devono rifugiarsi nella disciplina spirituale per ridurli gradualmente. Incanalare i desideri verso la spiritualità vi condurrà sul sentiero della liberazione. Per sua natura, la mente è agile e versatile ed il sistema per utilizzarla è sottile, è come giocare con il fuoco. Anche una lieve trascuratezza ci metterà in difficoltà e saremo risucchiati nel vortice del divenire, delle nascite e delle morti. I desideri materiali ci aspetteranno come tigri nascoste nei vicini cespugli, pronte a catturarci alla prima occasione. Dobbiamo pertanto stare attenti a non essere preda dei desideri materiali.

[7] Incarnazioni del Divino Sé!
In genere si segue la disciplina spirituale dopo che anime nobili e sagge ci hanno concesso il loro darshan (visione), sparshan (contatto) e sambashan (conversazione); leggiamo anche un certo numero di testi spirituali, ma se ci viene chiesto cosa abbiamo realizzato nella vita, la risposta sarà ‘niente’. Gli aspiranti spirituali impegnati nella realizzazione di Dio, che vogliono avere il darshan divino e l’esperienza della beatitudine divina, devono comprendere la natura della mente. Se vi sforzerete di sondare, almeno in certa misura, la natura della mente e la sua origine, otterrete la visione di Dio. Nello sposalizio celeste tra Prakriti ed il Paramātma, il Paramātma è lo sposo e Prakriti è la sposa. Dio è l’obiettivo di Nivritti, mentre la creazione è l’obiettivo di Pravritti. Se tentiamo di unificarli, la mente apparirà sulla scena e cercherà di esercitare il suo controllo talvolta in favore di Pravritti e a volte favorendo Nivritti. In realtà la mente non ha nulla a che fare né con l’uno né con l’altro. Alla fine, se facciamo uno sforzo per scoprire la verità, la mente furtivamente scomparirà dalla scena.

[8] C’è una storiella che illustra questo punto.
Nel corso di una cerimonia di matrimonio, tutti erano molto impegnati, ma un uomo era particolarmente attivo; correva su e giù, impartiva istruzioni a tutti e faceva un gran baccano. Tutti gli ospiti pensavano che si trattasse di un ‘VIP’, una persona molto importante. I parenti della sposa pensavano che facesse parte degli invitati dello sposo, mentre i parenti di quest’ultimo credevano si trattasse di un ospite della sposa. In ogni caso tutti gli prestavano grande attenzione ed obbedivano alle sue disposizioni. Questa commedia continuò per un certo tempo, finché un invitato della sposa cominciò a dubitare della buona fede di quell’uomo, e la stessa cosa accadde dalla parte dello sposo. Alla fine i due gruppi si consultarono e decisero di affrontarlo per interrogarlo sulle sue credenziali. Avendo intuito il loro stato d’animo, lo pseudo-VIP furtivamente se la svignò.
In modo analogo, gli aspiranti spirituali prendono un abbaglio perché ritengono che la mente sia uno strumento di Dio, che sia molto potente e che quindi non sia possibile controllarla. Il risultato è che la mente prende il sopravvento e ci tiene sotto il suo controllo. Pertanto, il nostro sforzo sarà facilitato se cominciamo a indagare sulla natura della mente e sui suoi misteri.

[9] La mente è semplicemente un fascio di propositi e non ha forma propria, perciò se ci sforziamo di ridurre gradualmente i nostri desideri e proponimenti, essa perderà la sua consistenza. La mente è la causa primaria dei desideri mondani, di quelli riferiti alle sacre Scritture e al corpo fisico, come pure dell’attaccamento al Sé e dell’anelito spirituale. Pertanto l’aspirante spirituale ha il dovere d’incanalare la mente nella giusta direzione.
Qualunque sia il nostro stato mentale, agitato o calmo, dobbiamo analizzare bene la mente ed osservare le sue reazioni in una certa situazione; come farebbe un osservatore, dobbiamo rimanere distaccati di fronte alle sue inquietudini senza essere coinvolti. Voi non siete un prodotto della mente; in realtà, la mente è il vostro prodotto. Voi siete il padrone della mente e non viceversa: essa è la vostra serva. È disdicevole per un uomo essere soggiogato dalla mente, che dopotutto è la sua serva. Non dovete mai essere schiavi della mente; piuttosto è la mente che deve diventare vostra schiava.

[10] L’uomo deve fare uno sforzo particolare per ridurre gradualmente i suoi desideri, in modo che la mente non acquisti forza. Questo esercizio è necessario non solo in campo spirituale, ma anche nella vita quotidiana; infatti non c’è alcuna demarcazione o confine tra il campo spirituale e quello secolare. In entrambi i casi, Ātma Tattva, il Principio del Sé, e Mana Tattva, il Principio della mente, sono una sola cosa. Affinché la mente si orienti verso Dio è necessario dedicarsi al Satsang, ovvero associarsi a persone devote e virtuose e dedicarsi alla costante contemplazione di ‘Sat’, il divino Principio di Verità. Attualmente frequentiamo persone che sprecano il loro tempo e le loro energie in attività secolari e sviluppano attaccamenti agli oggetti dei sensi; ne consegue che la mente è occupata a coltivare pensieri perversi e malvagi. Con l’aiuto dell’intelletto, è indispensabile fare un’attenta autoanalisi per comprendere quali sono i desideri che danneggiano il nostro onore nella società e distruggono la nostra natura umana.
Dobbiamo anche analizzare che cosa abbiamo ottenuto nutrendo simili pensieri e desideri malvagi. In verità, noi siamo incarnazioni del Sé Divino; chi comprende questa verità non seguirà la mente che lo spinge a percorrere il sentiero della transitorietà e della cattiveria.

[11] Siamo noi ad attribuire una forma alla mente. Qualunque sia la configurazione che assegniamo alla mente, essa assume la forma e la natura che le sono congeniali. Uno scultore o un pittore creano nella loro mente un’immagine dell’oggetto che vogliono scolpire o dipingere. Successivamente trasformano quella stessa immagine in una scultura o in un dipinto, ma non è possibile farlo senza avere nella propria mente un’immagine di ciò che si vuole riprodurre. In modo analogo, i nostri desideri giacciono assopiti nel nostro sé interiore sotto forma di ‘vāsanā’, le tendenze e le impressioni mentali che costituiscono la base della mente.
Se vogliamo ottenere la dissoluzione della mente è essenziale ridurre gradualmente i desideri. Durante questa fase di trasformazione bisogna trattenere solo i desideri utili e benefici per il nostro progresso spirituale e scartare tutti gli altri. I desideri sorgono nella mente come le onde del mare, incessantemente. Così come facciamo il bagno in mare senza essere spazzati via dalle onde, allo stesso modo dobbiamo cercare di rimuovere le scorie presenti in noi senza essere turbati dai desideri. Naturalmente ci sono alcuni metodi da utilizzare per riuscire a farlo. Che sia bene o male, dolore o gioia, la mente è responsabile di ogni cosa: si deve comprendere questa verità!

[12] Nel cammino spirituale sono stati prescritti precisi metodi per controllare la mente, uno dei quali è Dhyāna, la meditazione. In realtà, controllare la mente è un esercizio piuttosto difficile. Per quanto tempo riusciremo a controllarla? Prima o poi si riprenderà con pieno vigore ed assumerà il controllo su di noi. Ad esempio Rāvana, il re dei demoni, riuscì a controllare la mente e le sue infatuazioni per un certo tempo, ma in un momento di debolezza dovette cedere ai suoi desideri. Pertanto, anziché lottare per controllare la mente, bisogna sforzarsi di conseguire Manonāshanam (dissoluzione della mente) o Manolayam, la sublimazione o fusione della mente nel Brahman, l’Assoluto. All’inizio, comunque, è consigliabile fare uno sforzo per controllarla in una certa misura.

[13] Il modo migliore e più semplice per controllare la mente è mediante l’amore. Se comprendete la verità che lo stesso Principio Divino, Ātma Tattva, risiede in ogni individuo e se adottate la regola ‘Ama il prossimo tuo come te stesso’, la mente non vi tormenterà.
Tuttavia, se di tanto in tanto certi pensieri negativi e conflittuali si presentano alla mente, dovete sradicarli dedicandovi ad attività sacre come servire la società, frequentare ricercatori buoni e devoti, comportarsi rettamente, cantare le glorie di Dio, contemplare il Divino. Per vedere il bene, ascoltare il bene, parlare del bene, fare il bene ed essere buoni, dobbiamo coltivare amore puro e altruistico. Sin dai tempi antichi, il Satsang è un mezzo per aiutare gli aspiranti spirituali ad ascoltare il bene, parlare del bene e fare esperienza della beatitudine. Adi Shankara illustrò l’efficacia del Satsang nella sua famosa composizione in versi ‘Bhaja Govindam’:

Satsangatve Nissangatvam
Nissangatve Nirmohatvam
Nirmohatve Nischalatatvam
Nischalatatve Jīvanmukti
La compagnia dei saggi distoglie dai falsi attaccamenti.
Dissolto l’attaccamento, si è liberi dall’illusione.
Distrutta l’illusione, la mente diventa stabile.
La stabilità mentale porta alla liberazione in vita.

Cos’è Jīvanmukti? È la liberazione ottenuta mentre si è ancora in vita. Quando l’uomo, grazie alla disciplina spirituale, riesce a staccarsi dalla mente e a non essere influenzato dai suoi capricci, diviene un’anima liberata addirittura mentre è ancora in vita e fa esperienza di Ātmānanda, la Beatitudine del Sé. Perciò con la liberazione vengono eliminati tutti gli ostacoli causati dalla mente nel nostro cammino verso Dio.

[14] Con il passare degli anni, l’uomo si rende sempre più schiavo dei propri attaccamenti e non fa alcuno sforzo per ridurre o eliminare i legami che lo vincolano. Finché questi condizionamenti sono in continuo aumento, non riuscirà a ottenere la pace e, anche se la conquistasse per un breve attimo, questa lentamente si dileguerebbe. Sebbene nella nostra coscienza interiore vi sia la Beatitudine del Sé, essa è ricoperta da innumerevoli desideri, perciò siamo incapaci di farne esperienza.
Tutte le relazioni secolari sono solo un volo immaginario della mente, non sono reali e durature. Finché pensate che un oggetto o una persona siano vostri, svilupperete attaccamento per quell’oggetto o per quella persona. Nel momento in cui vi distaccherete, non ci saranno più distrazioni mentali relative a quella persona o a quella cosa . Se realizzerete la verità: ‘Io sono Io e null’altro’, sarete liberi da ogni associazione o separazione da persone e cose.

[15] È fondamentale comprendere la verità che tutte le relazioni umane sono solo transitorie e non sono mai permanenti. Non è forse vero che i palazzi e gli edifici alti fino al cielo che vediamo nei nostri sogni, non esistono più quando ci svegliamo?
Nei nostri sogni siamo testimoni di numerosi eventi ma nell’istante in cui ci svegliamo, non li vediamo più. Dove sono andati? Diventano inesistenti! Finché siamo nello stato di sonno c’è con loro un rapporto, ma appena ritorniamo allo stato di veglia, non c’è più. Allo stesso modo, finché siamo in uno stato d’ignoranza, manteniamo rapporti con il mondo; quando entriamo nello stato vigile della saggezza, nessuna relazione secolare ci disturberà.
Se nello stato di saggezza ci chiederemo cosa sia reale, scopriremo che né l’esperienza del sogno né quella dello stato di veglia sono reali. Entrambe sono prodotte dalla mente e quindi immaginarie. Solo ‘Tu’ sei reale. Sfortunatamente oggi consideriamo reale questa ‘illusione nell’illusione’ e dimentichiamo la realtà del Principio Atmico.

Incarnazioni del Divino Sé!
Per mezzo di un’adeguata indagine dovrete cercare di comprendere la natura di questa mente abile, instabile ed artificiale. In tal modo sarete in grado di cogliere la vostra vera essenza.

(da: La mente e i suoi misteri - Ed. Mother Sai Publications)