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Discorsi Divini di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

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discorsi:1976:19760929

19760929 - 29 settembre

Discorso Divino di Bhagavân Shrî Sathya Sai Baba

Felicità e dolore sono creazioni della mente

Chi si arrende ai nemici interiori, come potrà conquistare il nemico esteriore?
In verità, chi ha realizzato il Principio Divino è davvero benedetto.
Questa è la verità qui rivelata!
(Versi Telugu)

[1] Incarnazioni del Divino Sé!
Dove c’è ascesa ci sarà anche caduta. Tutto ciò che viene accumulato diminuirà. Dove c’è unione ci sarà anche separazione. La conseguenza della nascita è la morte. Un essere umano aspetterà l’alba per dare inizio alle sue occupazioni quotidiane; attenderà poi il tramonto per placare i suoi sensi, fare un buon sonno e quindi godere di pace e felicità, tuttavia egli non comprende la verità che la stessa alba e il medesimo tramonto accorciano la durata della sua vita giorno dopo giorno, arrecandogli dolore. È così ignorante da non comprendere la verità che dove c’è felicità, c’è anche dolore, e non sa capire che dolore e felicità sono, dopotutto, creazioni della sua stessa mente.
L’uomo desidera ricevere solo cose buone, vuole ottenere una buona posizione e godersi la vita, ma non aspira a coltivare buoni pensieri. Come possiamo ottenere buoni risultati se alimentiamo i cattivi pensieri? Come si può aspirare ad avere una buona reputazione se nella mente nutriamo pensieri malvagi e desideri sconvenienti? Non è possibile! L’uomo avrà diritto a ricevere cose buone nella vita se coltiverà buoni pensieri, buone parole e una retta condotta. Sebbene la medicina abbia un sapore amaro, bisogna assumerla per curare la malattia. Anche se odiamo qualcuno, dovremo accettarlo come nostro amico se ha buone qualità.

[2] È naturale che un leone dia la caccia ad un bovino: fa parte della sua natura. Una volta il re Dileep andò a caccia nella foresta. Vide un leone feroce pronto ad assalire una mucca, che per sua natura è sattvica. Per salvare la bestia, il re si offrì come preda e disse al leone di liberare la mucca e di divorare lui al suo posto. Questa vicenda è contenuta nella gloriosa storia del nostro paese, e in questo racconto vi è un significato profondo. Il re Dileep faceva parte della casta degli Kshatriya, era quindi suo dovere proteggere e salvare la vita di un essere vivente in pericolo. Poiché aveva compiuto il suo sacro Dharma, il suo dovere, il re Dileep conquistò la grazia divina; infatti il leone, per grazia divina, lasciò andare non solo la mucca che stava per uccidere, ma anche il re Dileep. In tal modo il Dharma salvò entrambi, la bestia e il re.

Per questa ragione si afferma:
Dharmo rakshati rakshitah
Il Dharma protegge colui che lo difende e lo sostiene

Ciò significa che se salvaguardiamo il Dharma, esso a sua volta ci proteggerà. Sfortunatamente oggi l’uomo non sa comprendere il suo Dharma, di conseguenza è pronto a distruggerlo. Anziché sforzarsi di proteggere il Dharma, egli fa ricorso a diversi metodi con i quali spera di ottenere la liberazione. Il vero significato della parola Mukti o Moksha è essere liberi dai vincoli. Ogni essere vivente può essere considerato, in un certo senso, un aspirante alla liberazione, dal momento che desidera essere liberato da un particolare pensiero o oggetto per aggrapparsi ad un altro.

[3] Ecco un piccolo esempio. Un bambino ha fame; quando la mamma gli dà da mangiare, è alleviato dalla fame e si sente felice. Essere sollevato dalla fame grazie al cibo assunto è una sorta di liberazione, ma solo momentanea.
Facciamo ora un altro esempio. Se qualcuno mangia troppo si procura un’indigestione e per mitigare il suo malessere va dal medico. Grazie alla terapia prescritta, guarisce dal malanno ed è felice. Anche questa è una sorta di liberazione, temporanea. In entrambi i casi, sia la madre sia il dottore hanno fornito solo una liberazione provvisoria, non permanente; perciò nella vita di un uomo ci sono numerosi esempi di liberazione momentanea che non possono essere definiti Mukti nel vero senso del termine. Tuttavia c’è qualcosa che va al di là di questi fugaci momenti liberatori. Dopo che ne avremo fatta esperienza non desidereremo sperimentare altro, dopo che ne avremo avuto la visione non vorremo vedere altro, dopo averne gioito non vorremo gioire d’altro. Questo stato è chiamato Shāshvata Mukti, liberazione perenne.

[4] Oggi l’uomo ritiene che le difficoltà, la gioia e il dolore siano causati da altri, ma non è che una sua illusione. Felicità o dolore, difficoltà o gioia - tutto ciò non può essere provocato da altri perché è la manifestazione del proprio stato mentale. Per soddisfare la mente, trasferiamo la responsabilità e la colpa sugli altri. Così facendo, ne traiamo una momentanea soddisfazione. In realtà, questo tipo d’illusione è un’aberrazione della nostra mente.
Un piccolo esempio. Immaginiamo che in una casa un uomo muoia. I parenti, gli amici ed i vicini vanno in visita e cercano di consolare i familiari domandando: “Cosa gli è successo? Che malattia aveva? Avete chiamato il medico? Gli sono stati somministrati i farmaci prescritti?” I componenti della famiglia si sentono confortati da tali parole perché quelle persone si sono preoccupate di loro in quel momento doloroso e si sono interessate alla loro condizione.
Se invece chi ha compreso la Verità, che si cela dietro la nascita e la morte, andasse in visita a quella casa e facesse delle considerazioni, direbbe: “Chi nasce, un giorno o l’altro dovrà morire; quest’uomo è nato, ha vissuto la sua vita pienamente e alla fine è morto.” I familiari si sentirebbero molto tristi e indignati di un simile comportamento e potrebbero pensare: “Che persona è mai questa! Ha un cuore di pietra! Anziché interessarsi a noi e cercare di confortarci in questa dolorosa circostanza, con noncuranza dichiara che quelli che nascono devono morire!” Naturalmente essi sarebbero sconsolati nell’udire simili parole. La verità è sempre amara. Chi è abituato all’appagamento momentaneo e a cose meschine, crede soltanto alla menzogna e vive una vita d’illusione.

[5] Anche il corpo che svolge le varie mansioni è in sé transitorio. Se il corpo stesso è temporaneo, possono le attività eseguite dal corpo essere permanenti? Se queste azioni sono provvisorie, possono i loro risultati essere duraturi? Non comprendendo questa verità, l’uomo brama il frutto anche della più piccola buon’azione da lui compiuta, persino di un pensiero onesto o di un comportamento retto. Il frutto delle attività materiali conferirà soltanto gioia momentanea, non beatitudine eterna. La vita stessa è temporanea. Il corpo è come una bolla d’acqua, pronta a dissolversi in qualsiasi momento. La nostra stessa vita è fugace. L’uomo oggi lotta per ottenere il frutto delle sue azioni in modo duraturo, ma egli stesso conduce una vita transitoria. Tutto questo agognare non è altro che illusione.

[6] Se desiderate fare esperienza del Principio Eterno di Satyam, Shivam, Sundaram (Verità, Bontà, Bellezza) e raggiungere la suprema dimora di pace e beatitudine, dovete essere pronti a fare anche alcuni sacrifici. Senza verità non vi può essere bellezza. Senza bellezza non vi può essere bontà. Il primo passo della disciplina spirituale è la contemplazione del Principio ‘La Verità è Dio’; il secondo stadio è ‘La Verità è Bontà’; il terzo è ‘La Verità è Bellezza’. Pertanto la base di tutti e tre è la Verità. Sebbene Verità, Bontà e Bellezza appaiano come tre parole differenti con tre significati diversi, esse sono fra loro correlate. Come una parola non può esistere senza il suo significato e quest’ultimo non può esistere senza la parola, così i tre concetti di Verità, Bontà e Bellezza non possono esistere l’uno senza l’altro.

[7] Una volta una principessa greca giurò che avrebbe sposato soltanto chi l’avesse battuta in una gara di corsa; infatti era una famosa podista e nelle gare di corsa aveva sconfitto numerosi prìncipi che, incapaci di sopportare l’infamia della sconfitta, di solito si dileguavano. È naturale, però, che chi perde covi del rancore nei confronti dell’avversario.
Alcuni prìncipi che, furenti per la sconfitta subita, si sentivano umiliati, decisero di darle una lezione. Pensarono in che modo sconfiggere la principessa e domare il suo ego, e si resero conto che soltanto qualche grande saggio che avesse soggiogato i sensi e rinunciato ad ogni cosa del mondo potesse trovare una soluzione al loro problema; così ne avvicinarono uno. Il saggio suggerì loro una bella tecnica e disse: “Prestate attenzione, miei cari prìncipi. Vedo che indossate numerose decorazioni di gran valore. Durante la gara lasciatele cadere una alla volta lungo il tratto che percorrerete con la principessa. Sono sicuro che così resterà indietro e voi vincerete la corsa.” Come suggerito dal saggio, un principe sfidò la principessa ad una gara di corsa. Mentre entrambi correvano, il principe si tolse una decorazione dopo l’altra e la fece cadere a terra lungo il percorso. Tentata da quei luccicanti fregi, ogni volta la principessa si fermava a raccoglierli e poi riprendeva la corsa, ma in tal modo non riuscì a raggiungere la meta in tempo utile, mentre il principe raggiunse il traguardo e vinse la gara. La principessa fu così sconfitta e, in base alle condizioni da lei stessa stabilite, sposò il principe. La storia qui esposta svela la verità che per ottenere qualcosa di prezioso è necessario sacrificare un oggetto di pari valore; solo così si può ottenere il frutto tanto ambito. Allo stesso modo, se volete ‘corteggiare la principessa’ del regno di Moksha, dovete offrire vari ornamenti preziosi, ovvero le vostre buone qualità.

[8] In realtà, il bene ed il male sono entrambi i prodotti della mente, in conformità con il detto:

Mana Eva Manushyānām Kāranam Bandha Mokshayoh
La mente soltanto è responsabile della schiavitù o della liberazione dell’uomo

come pure del bene e del male. Se la mente è dedita a qualità sattviche, pure, svilupperà nobili virtù; se invece coltiva qualità rajasiche e tamasiche, passionali ed ottuse, manifesterà caratteristiche negative. Se, ad esempio, un pezzo di ferro è tenuto nella polvere, arrugginirà e perderà la sua forza. Lo stesso pezzo di ferro, messo nel fuoco, cambierà persino colore, diverrà rosso e duttile, si libererà della polvere e della ruggine che si erano accumulate e sarà pronto per essere trasformato in un utensile. In entrambe le situazioni, il pezzo di ferro è lo stesso, ma cambia il luogo in cui è tenuto. Similmente, la mente è una: se opera in un ambito sattvico, coltiverà buone qualità. Se invece agisce in un ambiente rajasico o tamasico, svilupperà attributi malvagi.

Finché non ci si libera della pigrizia e del sonno (tamas) non si può realizzare la Verità;
finché non ci si libera dell’azione passionale (rajas) non si può conseguire la devozione;
solo attraverso la serena equanimità (sattva) si può ottenere la devozione.
Questa è la Verità rivelata.
(Versi Telugu)

[9] Incarnazioni dell’Amore!
Dovete comprendere che un aspirante spirituale ha il dovere di dirigere la mente verso attività sacre e benefiche per santificare la propria vita. La liberazione, Moksha, non è soltanto eliminare pensieri e desideri effimeri; bisogna acquisire la fiducia nel Principio Eterno e coltivare amore puro, incrollabile e disinteressato. Questo è il sentiero che conduce alla liberazione. Non crediate che Moksha sia semplicemente ottenere il distacco da un oggetto o da un desiderio! Se il criterio di valutazione fosse questo, tutti sarebbero aspiranti alla liberazione; invece non lo sono poiché hanno attaccamenti per altri oggetti o nutrono altri desideri. Dirigere la mente nella giusta direzione e dipanare il ‘mistero della mente’ è il vero significato di Moksha.

[10] Nei Miei discorsi ho citato frequentemente un esempio, ma poiché ora ci sono alcune persone nuove, lo ripeterò. Questa è una stoffa. I fili intessuti nell’ordito e nella trama ne formano la base. Senza i fili, la stoffa non può esistere. Analogamente, i fili dei nostri desideri si uniscono per creare il tessuto della mente. I fili e la stoffa non sono differenti.
Se immaginiamo di togliere un filo dopo l’altro, non ci sarà più la stoffa! Similmente, se eliminiamo un desiderio dopo l’altro, la mente non esisterà più! Se volete conoscere il segreto della mente, sappiate che essa è un fascio di desideri. Quando i desideri saranno completamente estinti, quello stato è la liberazione.
Una volta un discepolo andò dal suo maestro e gli disse “Swami, non ho più alcun desiderio da soddisfare in questo mondo. Ho solo un desiderio: voglio la liberazione.” Il maestro allora replicò: “Il fatto che tu non abbia alcun desiderio è di per sé la liberazione; puoi andare!”

[11] Come possiamo, dunque, ridurre i nostri desideri? In realtà non avete bisogno di farlo. La disciplina migliore e più semplice è di trasferire tutti i vostri desideri a Dio. A qualsiasi cosa aspiriate, qualsiasi cosa vediate, tutto va fatto con spirito di dedizione a Dio. Se riuscite a metterlo in pratica, è sufficiente!
Dobbiamo anche comprendere la verità che lo stesso Sé divino pervade ogni essere vivente e che tutti sono incarnazioni del divino Sé. È possibile rendersene conto con uno sforzo consapevole e grazie alla disciplina spirituale; d’altra parte, anche nella vita secolare non si riesce ad ottenere nulla se non c’è un impegno serio.
Ecco qui un esempio: se fa lo sforzo di camminare, anche una formica può percorrere alcune miglia; invece se manca l’impegno, persino un uccello rapace non riuscirà a muoversi di un centimetro. Ecco perché si afferma che in questo mondo si può ottenere tutto con la pratica costante. Solo se ci dedichiamo alla disciplina spirituale con assiduità avremo il diritto di ottenerne il frutto.

Incarnazioni del Divino Sé!
La vostra disciplina sarà proficua se vi sforzerete di placare il più possibile le vostre emozioni e agitazioni e di dirigere la mente nella giusta direzione.

(da: La mente e i suoi misteri - Ed. Mother Sai Publications)

discorsi/1976/19760929.txt · Ultima modifica: 2016/10/25 14:30 da sathyamax