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Discorsi Divini di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

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discorsi:1995:19950712

19950712 - 12 luglio

Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

INVESTIRE IN BUONE AZIONI

Incarnazioni dell’Amore,

il corpo fisico è composto di cinque elementi, che sono divini. L’uomo d’oggi non ne capisce la vera natura.

L’autocontrollo: vera scienza

Si può ottenere il plauso di un consesso di studiosi sciorinando le proprie conoscenze, uscir vittoriosi da un campo di battaglia, essere di nobili origini e dispensare oro e bestiame in beneficenza, conteggiare le stelle ed enumerare le interminabili specie del creato, padroneggiare ogni forma di sapere e perfino arrivare sulla Luna; ma c’è qualcuno che sappia tener sotto controllo i sensi, tener ferma la mente e conservare uno stato di imperturbabilità? Non c’è conoscenza o carità o sacrificio o penitenza o saggezza o discriminazione o veridicità o attaccamento al senso del dovere o della disciplina degli antichi che sia paragonabile al controllo dei sensi.

Incarnazioni del divino Spirito,

oggi sulla Terra c’è sempre meno acqua. Quale ne è la ragione? L’abbassamento del livello morale fra gli uomini ha provocato di conseguenza la scarsità d’acqua. La moralità è l’intima essenza della vita umana e stimola la fioritura delle qualità umane. La perdita di moralità ha portato come risultato la perdita di acqua.

Oggi la filosofia viene divulgata e insegnata in vari modi secondo insegnamenti che non fanno che confondere la mente facendola fluttuare riempiendo la vita di dubbi. Ciò di cui abbiamo bisogno oggi non è il filosofeggiare o il teorizzare, bensì tenere sotto controllo i sensi. Non è possibile diventare spirituali senza il controllo dei sensi.

Ciò fu oggetto di insegnamento anche da parte del santo poeta Tyagaraja: «Filosofo o stoico che sia, uno non avrà felicità senza pace». Non si ottiene la pace per il solo fatto di essere filosofi. Soltanto chi controlla i sensi raggiunge lo stato di pace e il controllo dei sensi si ottiene mediante i quattro fini dell’esistenza umana, i purushârtha: il benessere, il dovere, la volontà e la liberazione. Il principio del controllo dei sensi non viene sperimentato dall’uomo, perché egli non lo attua nella pratica.

La ricerca dell’uomo

L’uomo, sin dall’antichità, ha sem­pre voluto migliorare la propria qua­lità umana, e continua in questa ricerca pur non rendendosi esattamente conto di ciò che va perseguendo. Di tali ricercatori ve ne sono a milioni. Gli uomini dimenticano la verità eterna, soggiacendo agli influssi materiali e terreni.

Gli effetti o gli influssi (prabhâ­van) sono il risultato di azioni passate; le qualità della propria natura (svabhâva) si acquisiscono aderendo ai quattro obiettivi della vita. Dimenticando i purushârtha, l’uomo perde anche la sua vera natura, soccombe agli influssi del mondo e perciò vive esperienze diaboliche.

Ogni uomo crede nel proprio egoismo come fosse il proprio respiro e nel desiderio come fosse tutto nella vita; vuole riuscire in ogni cosa. Egoismo ed egotismo si alternano in ciascun cuore umano. Potranno mai tali persone aver talento e fama? Appena svegli al mattino non fanno che leggere giornali e riviste mensili e rotocalchi; stan davanti alla TV in qualsiasi momento; radicano sempre più le loro idee ristrette riguardo alla religione, la società, le razze e le nazioni. Questo genere di persone non può essere dotata, non esercita influssi determinanti, né è in grado di individuare talenti. L’uomo dovrebbe dedicarsi alla coltivazione del proprio carattere, al sacrificio e al controllo dei sensi.

Amicizia e ostilità

Nel corso della vita, un uomo raccoglie molte conoscenze, alcune favorevoli, altre ostili. Però, sia l’inimicizia che l’amicizia nascono dalla mente. Ci rendiamo conto che, man mano passano i giorni, aumentano i sentimenti di ostilità e quelli di amicizia, ma non ne conosciamo la causa. Quale fu il crimine commesso da Râma per farsi tanto odiare da Râvana? Dantavakra e Shishupâla nutrivano un odio efferato per Krishna. Per quale motivo? Furono i loro stessi misfatti e le loro scelleratezze a produrre odio. Il difetto sta in essi, non in Krishna o in Râma. Dharmaja, incarnazione della rettitudine, era inviso ai Kaurava.

Non c’è nessuno oggi che sia senza nemici, ma la causa di questo non va ricercata negli altri: sono i nostri stessi sentimenti che producono odio e inimicizia. I nostri stessi difetti fan sì che anche noi andiamo soggetti ai sentimenti di ostilità provati da altri. Dobbiamo consolidare i legami di amicizia. Lasciate pure che gli altri vi critichino, vi mettano in ridicolo o dicano delle malignità sul vostro conto. Non dovreste reagire, poiché il danno causato da un simile comportamento non riguarda voi. Ciascuno soffre per il proprio operato e gli individui devono prendere atto di questa verità.

Chi critica dà sollievo al criticato, in quanto dovrà assumersi le conseguenze negative di colui che sta criticando. Allo stesso modo, chi loda prende parte al merito della persona lodata. In fin dei conti, chi ci critica è un vero amico nostro, giacché condivide con noi una parte del nostro karma.

L’influsso del karma

Gli uomini nascono e vivono di karma, di opere. Le azioni compiute sono la causa prima del piacere e del dolore. Vi sono tre tipi di karma: 1) prendere una decisione; 2) esprimere la decisione presa; 3) attuare concretamente la decisione. Prendere una decisione è pensiero; esprimerla è parola o discorso; l’attuazione pratica è azione. Perciò, la vita umana è una combinazione di mente, lingua, corpo. È l’uso di queste facoltà che produce piacere e dolore nella vita. L’esistenza dell’uomo è legata a que­ste tre facoltà.

L’amicizia e l’inimicizia sono dovute alla natura della mente. Chi vi critica vi è davvero amico. Lo sbaglio non è vostro. Per avere qualità nella vita, dobbiamo dunque metterci alla ricerca e andare a fondo della verità delle cose. Ciascun uomo deve far fronte alle conseguenze dei suoi stessi pensieri e sentimenti. Tutto quanto vi sta di fronte non è che il vostro operato: come il seme, così l’albero; come il cibo ingerito, così l’alito. Non potete sottrarvi alle conseguenze delle vostre azioni. Tuttavia, con la Grazia di Dio, potete ottenere qualsiasi cosa. Così l’uomo deve darsi da fare per guadagnarsi la Grazia divina.

Il risultato delle azioni dovrà passare necessariamente per l’esperien­za: alcune azioni portano risultati immediati, altre nel giro di pochi minuti, altre ancora dopo giorni. Il risultato di alcune arriva dopo anni, di altre dopo eoni. Per esempio, si può scivolare mentre si cammina: l’azione dello scivolare è in quel caso seguita immediatamente dal risultato di fratturarsi un osso. L’atto dello scivolare e quello del riportare una frattura sono simultanei. Supponiamo che, usando un coltello, ti fai un taglio al dito. Il dito comincia a sanguinare; si sa all’istante quale sia l’effetto dell’azione.

Alcune azioni impiegano poche ore a produrre dei risultati; ad esempio, il cibo ingerito al mattino viene digerito soltanto dopo due ore, perché la digestione richiede poche ore. Se pianti un seme, ci metterà pochi giorni per germogliare e crescere in una pianticella; ma ci vogliono anni perché cresca fino a diventare un albero; e, perché diventi un albero che dia frutti, ci vogliono ancora più anni. Così, vediamo che le azioni richiedono lassi di tempo differenti perché portino dei risultati, ore, giorni, anni.

La critica a Dio

I nostri peccati vengono condivisi da coloro che ci criticano e i nostri meriti da coloro che ci elogiano. Ma chi critica Dio, che cosa ne ricaverà? Dio non ha meriti, né demeriti; non ha peccati, né virtù.

Né meriti (punya), né colpe (pâpa);
né mantra, né pellegrinaggi,
né santuari, né preghiere.
Egli è la forma stessa
della Beatitudine Eterna:
Egli è Sat-Cit-Ânanda

Perciò, anche chi critica, ridicolizza o parla male di Dio, non riceverà in cambio altro che bene e la promessa di cose buone; avrà sempre la benedizione di Dio. Sappiamo che Kamsa criticava sempre Krishna. I devoti pensano a Dio quando vanno in chiesa o nei templi per la celebrazione di qualche rito; ma chi odia Dio pensa a Lui incessantemente; in nome dell’odio, ha sempre in mente Dio. Perciò, alla fine, il sangue di Kamsa fluì verso i piedi di Krishna; così pure il sangue di Shishupâla andò a bagnare i piedi di Krishna.

Shishupâla insultava di continuo Krishna e le sue critiche erano assai aspre. Diceva: «Dovrebbero adorarti perché rubasti i sari delle donne che facevano il bagno? Che grosso errore venerare te che ti diverti con giochi. Smetti di far prediche!». Shishupâla chiese a Krishna di starsene zitto; perciò fu decapitato. In fin dei conti, furono le sue stesse parole la causa della sua morte. Quindi, gli stolti che insultano Dio pensano di farla franca, ma il risultato di un’azione del genere giunge inevitabile.

Come espiare azioni cattive

Nessuno può sfuggire alle conseguenze delle proprie azioni. Chi può dire quando, dove e che cosa gli toccherà sperimentare? Non pianse forse come un uomo ordinario Râma quando fu separato da Sîtâ? E ai Pândava non toccò forse sottostare alle durezze dell’esilio nella foresta? Chi può predire che cosa accadrà e quando sarà il momento?

Siate preparati in ogni istante a far fronte a qualsiasi evenienza. Se volete espiare cattive azioni che avete compiuto in passato, dovete compierne di buone: le buone azioni possono sciogliere una montagna di peccati. In un batter d’occhio, mediante il compimento di azioni virtuose, è possibile cancellare l’infelicità. Tale è il potere di Dio; il volere di Dio può cambiare tutto. Ma la “volontà di Dio” si basa sui sentimenti del devoto. Pertanto, bisogna fare uno sforzo per amare Dio nel giusto modo e con sentimenti appropriati.

Significato di Gurupûrnimâ

Oggi è il Gurupûrnimâ. Che significato ha questa festa? Significa forse render culto ad un maestro e avere da lui un mantra? Non è questo il vero spirito del Gurupûrnimâ. Gu sta per “ignoranza” e ru ne rappresenta la dissipazione. Quindi, guru significa “colui che rimuove l’ignoranza”. Pûrnimâ significa “Luna Piena”: la Luna viene spesso paragonata alla mente, e la luna piena è come una mente piena di beatitudine.

C’è un’intima associazione fra la Luna e la mente. Pertanto, Gurupûrnimâ sta ad indicare la mente piena di beatitudine, scevra da ogni macchia e libera dall’ignoranza e dall’oscurità. Guru qui non significa il maestro come viene inteso comunemente, ma è il maestro che dimora nel tuo cuore. Dio non abita in una terra straniera, ma nel tuo stesso cuore. In nessun altro luogo può esserci peccato, poiché esso è attaccato alle tue stesse azioni.

Occorre dilatare il cuore e purificarlo da ogni impurità. Madhava, ossia la Divinità, dimora in un cuore puro; essa non può stare in un cuore che nutre pensieri cattivi. Bisogna dunque coltivare il pensiero di Dio. Pensate a Dio; non dimenticateLo. Dimenticate piuttosto il mondo, ma non Dio. Egli è l’unico che vi protegge e non v’è nessuno che sia come Lui, del quale ogni cosa è pervasa.

Cercare Dio?

Continuate a dire: «Voglio vedere Dio; voglio vedere Dio»; ma voi Lo state vedendo. Egli viene a voi in un milione di forme. Tutte le forme sono divine. Tutti i piedi, tutte le mani, tutti gli occhi appartengono a Dio. Per questo il Purusha shukta del Rig Veda (“Inno allo Spirito”) Lo descrive come un essere che ha milioni di occhi, di mani e di piedi. Dovete sapere che cosa chiedete quando desiderate vedere Dio, poiché tutte le forme sono Sue, tutti i nomi sono Suoi. Che bisogno c’è allora di cercarLo? Molti credono di poter cercare Dio, ma che necessità c’è di cercare Colui che pervade ogni cosa. Voi siete Dio. Cercate forse voi stessi? Solo un pazzo va in cerca di sé stesso, e pazzo è colui che va in cerca di Dio.

Qualunque cosa facciate, è per il Signore. Sviluppate questo sentimento che dilata ed espande il vostro animo. Solamente in questo modo potete raggiungere la perfezione. L’uomo d’oggi però è di vedute ristrette, conduce una vita gretta. Siate larghi di vedute. A Ramakrishna Paramahamsa alcuni chiesero: «Signore, avete veduto Dio? Avete parlato con Lui?». Ed egli sorridendo rispose: «Sì, ho parlato con Dio; io L’ho visto chiaramente così come ora parlo a voi e vedo voi».

Gli chiesero allora perché essi non fossero in grado di riuscirvi. E Ramakrishna diede loro una risposta adeguata: «Che sciocchi! Bramate la ricchezza, piangete per vostra moglie e i vostri figli, vi lamentate per la vostra reputazione. Siete forse assetati di Dio? Vi struggete per il desiderio di Lui? Piangete per averLo? Allora, come pretendete di vedere Dio, se non potete avere per Lui l’amore che avete per vostra moglie, o l’attaccamento che avete per la ricchezza, o il desiderio di far carriera? Se le cose stanno in questi termini, come potete aspettarvi di vedere Dio? È impossibile. Invocate Dio, struggetevi dal desiderio di Dio, arrendetevi a Dio, e allora Lo potrete vedere. Anche il Sole per un cieco è buio, poiché non può vederlo».

L’Indescrivibile

Vi racconterò una storiella. Un cieco aveva una figlia e sua moglie era indaffarata nei lavori domestici. Il cieco non aveva la fortuna di vedere la sua stessa bambina. La moglie gli portò una bottiglia di latte raccomandandogli: «Nostra figlia sta dormendo. Quando si sveglierà, piangerà; dalle questa bottiglia di latte».

Il marito chiese: «Com’è fatto il latte?». «È di color bianco», gli rispose la moglie. «Com’è il bianco?». «Bianco è il colore di una gru». «Che cos’è una gru?». La moglie stese le braccia, piegandole a mo’ d’uccello, e disse: «La gru è un uccello che ha questa forma». Il cieco, tastando le braccia della moglie, pensò: «Oh, che succederebbe se un oggetto di tal dimensione dovesse essere messo alla boccuccia della bambina?».

Che senso può avere una descrizione fatta a un cieco? Così, per un uomo che non conosce Dio, nessuna profusione di parole lo guarirà dalla sua stoltezza.

Dio è eterna Beatitudine, è senza forma, eppure può assumere a volontà qualsiasi forma. Nessuno può darne una descrizione: la Divinità va maturata nella riflessione, sperimentata e gustata. A noi tocca purificare il cuore. Nessuna disciplina è più grande di questa.

Non remare invano

Una volta, Râdha e le sue compagne navigarono il fiume da Mathura a Brindâvan. Partirono alle prime ore dell’alba e, sedutesi nella barca per remare, incominciarono a sentirsi indolenzire le braccia. Intanto il sole che si levava alto nel cielo rivelò, con loro estremo stupore, che si trovavano ancora a Mathura, nonostante avessero remato tutta la notte, poiché vedevano la gente della città accorrere al fiume per riempire le brocche. Scoprirono di aver dimenticato di slegare le corde che ormeggiavano le barche alla riva.

Lo stesso accade a noi quando mettiamo in atto molte discipline e pratiche spirituali ma non sciogliamo i nostri legami e i nostri attaccamenti, rimanendo così al medesimo stadio mentale. Soltanto quando la corda dell’attaccamento viene slegata possiamo raggiungere la nostra destinazione. Essenziale è sacrificarsi, rinunciando agli attaccamenti e al senso di possesso. Soltanto allora i nostri sentimenti saranno purificati e si immergeranno nel Divino. Quando i legami dell’egoismo vengono rimossi, noi possiamo raggiungere lo stato di pienezza. La luna piena è senza macchia, e tale è la mente perfetta, senza difetti.

Karma collettivo

Della nostra infelicità e sofferenza nessun altro è responsabile all’infuori dei nostri stessi sentimenti. Sono i nostri errori la causa dei nostri dispiaceri. Prendete atto di questa verità; non biasimate gli altri o le circostanze. Sia della vostra gioia che del vostro dolore i responsabili siete voi.

La società nel nostro tempo riveste una grande importanza e finché ci troviamo in una società, ne dobbiamo seguire le norme disciplinari. La società è fatta di dare e avere; è un rapporto d’affari. Alcuni abitanti di un villaggio hanno intrapreso un affare distribuendoselo in parti eguali: mansioni e profitti sono stati suddivisi fra di loro equamente. Anche gli oneri sono stati divisi in parti uguali. La società è come questa relazione d’affari. Siamo tutti membri di una società e tutti in quella società trarranno profitto se cresciamo sviluppando pensieri santi. Essendo tutti parte della società, condividiamo guadagni e perdite. Tutti hanno un interesse comune nell’”affare” della Grazia di Dio.

Il “Banco della Grazia Divina”

Dobbiamo essere tutti in grado di prelevare Grazia dalla Banca di Dio. In questa banca c’è un enorme capitale, ma nessuno può prelevarne eccetto chi è titolare di un conto corrente. Il cassiere di una banca maneggia un sacco di denaro, ma non può usarlo per sé stesso, perché non è suo. Può solamente consegnare del contante al titolare o all’intestatario dell’assegno.

Lo stesso accade per la Banca della Grazia. Dio non può tenere per sé il capitale della Grazia; non è affar suo averne il possesso. Egli ne è solo il custode; quando voi presentate l’assegno della vostra disciplina spirituale, Egli vi consegna in contanti la Grazia divina. Ci sono due modi per avere del contante da una banca: un prelievo dal deposito o un fido. Il deposito è un investimento in banca di ciò che hai guadagnato, un conto da cui puoi ritirare a volontà. In assenza di un deposito, puoi prelevare un prestito cautelato da un’ipoteca sulla tua proprietà. In mancanza di quest’ultima, devi farti presentare da un possidente che si farà garante del fido concessoti.

Anche la spiritualità ha tre metodi per ottenere la Grazia. Se avete un deposito di buone azioni, potete ritirare la Grazia di Dio a volontà. Tali depositi comprendono azioni sia presenti che passate. Il secondo metodo consiste nell’ipoteca sulla vostra proprietà. La proprietà è il buon karma accumulato in passato. La presentazione di un garante è il terzo metodo: dev’essere un uomo di grandi capacità, influente e ricco. In campo spirituale quest’uomo è rappresentato dal guru, la cui garanzia ti permette di ritirare il capitale della Grazia.

Chi è il guru? Chi è scevro da ignoranza è un guru. La Divinità è il guru, non chi insegna un mantra, e ciò prova che il guru è Dio. Il guru è tutto e quando vedrete questa unità, sarete liberi dall’ignoranza. Il sacro significato di guru è “colui che disperde l’ignoranza”. La gente, dimenticando ciò, rincorre indiscriminatamente chiunque indossi una veste ocra. Allora i guru, per una tariffa di dieci rupie, vi sussurrano all’orecchio un mantra. Non è questo il significato di guru.

Dio è la coscienza

Installate Dio nel vostro cuore. La vibrazione della coscienza va sentita e seguita attentamente. Poi dovete raggiungere la radiazione, vale a dire la saggezza, Jñâna, la forma di Dio, la quale è senza forma. I Veda la chiamano prajñâna, che significa “eterno”, “colui che non è soggetto al mutamento del tempo”.

La conoscenza delle cose è sapienza, ma si tratta di una conoscenza del mondo, soggetta a reazione, risonanza e riflesso. Ha dei limiti. Per esempio, credi, battendo un pugno su un tavolo di averlo colpito; in realtà anch’esso ti ha colpito, per reazione. La conoscenza spirituale è avulsa da tali reazioni, risonanze e riflessi, perché essa non ha limiti di spazio né di tempo né va soggetta a mutamento.

Prajñâna significa “consapevolezza totale e costante”: è Brahma, per conoscere il quale la mente dev’essere pulita come uno specchio. Ogniqualvolta lo specchio accumula della polvere, va pulito. Ogni volta che dei cattivi pensieri intasano la tua mente, puliscila con lo strofinaccio dell’amore, poi immergi lo straccio nell’acqua della dedizione e detergi lo specchio del tuo cuore. Questo è il processo della jñâna, la saggezza. Ciascuno ha racchiusa in sé questa saggezza.

Non si può ricavare saggezza da un testo; nessun maestro può insegnarla. Essa deve venire da un processo di autoapprendimento. Dobbiamo compiere ogni sofrzo per acquisire questa nuova, unica, divina conoscenza. Gurupûrnimâ significa dover riempire la mente di beatitudine pulendola dai pensieri negativi. Non basta trovare Dio; bisogna anche amarLo. Ma non siate dei semplici amanti di Dio; siate l’amore in persona!

Chi ama può amare una o due cose, ma l’amore abbraccia il mondo intero. Il Bhagavân si rivolge a tutti voi chiamandovi Premasvarûpulâra, “Incarnazioni dell’amore”, perché ognuno è amore. L’amore di un amante è ristretto, mentre l’Amore Universale è un amore completo, d’ampiezza totale. Perciò, riempite i vostri cuori di amore: in questo sta il vero significato del Gurupûrnimâ.

Prashanti Nilayam, 12 Luglio 1995

Gurupûrnimâ

da Mother Sai n. 6/95

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